Dell'erotismo si può dire, innanzitutto, che esso è l'approvazione della vita fin dentro la morte. G. Bataille) Come una lama che attraversa la carne, così l'amore è per lo spirito. L'amore affonda inesorabilmente nel cuore, simboleggiando la resa del sé che accoglie l'amato. Questo tipo d'amore sostiene l'inesausto progresso interiore. Il suo unico nutrimento è il continuo movimento, l'incessante cambiamento. La mitologia offre simboli adatti a comprendere questa particolare accezione.Il greco Eros,ripreso dai romani come Cupido, è presente anche in India con il nome di Kama, il dio del piacere sessuale. Il suo nome è legato al termine comis, «affabile»/ «allegro». Come Eros e Cupido, anche Kama è dotato di arco e frecce, un arco fatto di canna da zucchero, la cui corda è una fila di api e le cui frecce sono di puro miele, simboli atti a enfatizzare la dolcezza del sentimento amoroso. Essendo un dio igneo, l'ardore è una sua diretta manifestazione. Il fuoco danza senza sosta, muovendosi sinuoso, e consumando tutto ciò che incontra. Le fiamme si nutrono come bocche (il fuoco infatti si alimenta) e trasformando ciò che bruciano, attraverso varie fasi, fino alla completa «digestione». Tutte queste fasi sono altrettanti simboli dell'atto d'amore. L'accenzione del fuoco, mediante un bastoncino di legno (il fallo) posto in una fessura intagliata (la vagina), avviene per sfregamento (il coito), che innalza gradualmente il calore (l'eccitazione), fa scaturire il fumo e le scintille (il piacere) fino all'avvampare della fiamma (l'orgasmo). Inoltre ciò che entra a contatto con il fuoco attraversa le fasi dell'annerimento, dell'incandescenza e della calcinazione o incenerimento: queste hanno dato vita al simbolismo alchemico della nigredo (nero), della rubedo (rosso) e dell'albedo (bianco), che a vari livelli simbolici rappresentano i diversi momenti dell'evoluzione interiore del soggetto nel fuoco della trasformazione spirituale. In un altro senso, le tre fasi alchemiche simboleggiano tre modalità di apparire di una sostanza prodotta dai fluidi sessuali. Come il percorso alchemico può rappresentare metodi e risultati delle fasi di sviluppo interiore, così può indicare i passaggi del coito mistico, come vedremo. In svariati miti hindu Kama viene inviato dagli Dei per disturbare il raccoglimento di Siva, intento nelle sue meditazioni ad accumulare tapas («ardore», cfr. latino tepor), il calore frutto delle pratiche ascetiche. Il tapas comporta un accrescimento indefinito della potenza di volontà, in grado di piegare e asservire la volontà degli altri Dei. Ecco perché Siva è oggetto di questo subdolo stratagemma da parte delle altre divinità, per impedirgli di diventare così potente da modificare l'assetto degli equilibri cosmici. Siva incarna perfettamente l'ambiguità tipica dei Tantra, essendo un dio che coniuga la tensione erotica con la potenza ascetica: è sia il sovrano dello yoga che della sessualità. La sua mitologia mostra come, sospeso tra queste due qualità apparentemente opposte, riesca spesso a integrarle, trasformando il sesso in una forma di yoga, e mettendo l'erotismo al servizio della sua realizzazione. Siva riesce a incenerire Kama usando il terzo occhio, posto al centro della fronte. L'incenerimento di Kama rappresenta il rapporto del dio con il suo desiderio: lo consuma, lo sublima, lo dissolve. In tal modo se ne libera rapidamente, elevandolo dal piano carnale a quello spirtuale, anziché resistergli inaugurando un conflitto estenuante, che provocherebbe la sua distrazione e quindi la perdita del tapas accumulato. Kama, Eros e Cupido vengono rappresentati con le frecce come simboli di penetrazione. Penetrare ed essere penetrati sono due simboli di come approcciarsi alla vita, due rappresentazioni di come la coscienza può rapportarsi al mondo, due possibili atteggiamenti, che non necessariamente si escludono reciprocamente. Si può immaginare la materia come un plasma penetrabile dalla coscienza, che cresce facendo esperienza. Crescendo, la coscienza «si indurisce», tendendo a irrigidirsi nelle proprie convinzioni. La penetrazione della realtà da parte della coscienza si accompagna all'atto volitivo del soggetto che sperimenta il mondo come qualcosa di malleabile, un oggetto che risponde alle istanze del Sé, un campo da seminare con la propria volontà. Il Sé diviene un Logos da eiaculare, per imprimere la propria traccia nel mondo. Parimenti, ci si può rappresentare la coscienza come una cavità, debole e morbida, che accoglie il mondo e ne fa esperienza all'interno, un utero che cova gli stimoli provenienti dall'esterno maturando nuove forme di coscienza, come se la realtà fosse un Logos che eiacula esperienze dentro la nostra psiche, che a sua volta riceve, assorbe e rielabora gli stimoli esterni, in una gestazione che produce crescita interiore, acquisizione di nuove idee, maturità. La natura del dio Kama è del tutto simile a quella del dio greco o romano, riesce quindi anche a stimolare l'innamoramento nei cuori dei soggetti colpiti dalle sue frecce. Il tratto comune alle tre forme di tale divinità è proprio la presenza dell'arco e delle frecce, che suggeriscono qualcosa a proposito della natura dell'amore. In India si evidenzia l'effetto provocato dalle frecce di Kama (stordimento, torpore, perdita di equilibrio), rimarcando il rischio che la lucidità distaccata dello yogin venga messa a repentaglio dall'innamoramento. Molte sono le armi che penetrano la carne. Come le frecce, anche lance e spade possono essere usate per perforare e attraversare la carne. Si tratta di un archetipo di compenetrazione. Questa è la chiave per comprendere la simbologia dei draghi, serpenti o mostri trafitti da eroi, santi o dei. La lotta è come un'unione graduale con la parte caotica, incontrollabile e profonda di sé. Trafiggere il drago con la lama è il culmine di tale unione, come l'orgasmo è l'atto supremo del coito d'amore. Trafiggendolo, lo si attraversa, come la coscienza è obbligata ad attraversare gli inferi, la parte profonda della psiche, il caos per poi riemergere rigerata, migliorata, divina. Il drago-serpente non è il nemico da sconfiggere, ma l'oscurità interiore da integrare, amandola, quindi penetrandola. Meditando sul simbolismo, notiamo che l'arco riesce a scoccare le frecce solo nel momento in cui la corda raggiunge la massima tensione, per poi essere rilasciata di colpo. Anche questo processo può suggerire un'indicazione di ordine pratico: tensione come accumulo di energia e rilascio repentino come metodo esplosivo per avvicinare il risultato voluto. Tendere verso qualcosa è la caratteristica principale, il vero senso del sentimento amoroso e del desiderio stesso. A tale proposito il termine «Tantra» è derivato dalla radice «tan», che forma anche il latino «tendo» e sta per «tendere», appoggiato al suffisso «tra», che si traduce come «strumento per». Ecco che Tantra arriverà a significare «telaio», che effettivamente è uno «strumento per tendere». Non solo il sentimento amoroso tende verso un altro soggetto, anche l'energia psicofisica prodotta dal coito è un crescendo di tensione che si scarica in improvvisi rilasci. Il desiderio non si ferma quando realizza il proprio obiettivo, lo consuma e mette in vista un nuovo bersaglio, perchè il desiderio è continuo movimento, refrattario a ogni stasi. Se rallenta è solo per poter accelerare, se si forma è solo per riprendere forza e ripartire. L'inesauribilità del desiderio lo condanna a una duplicità di trattamento: seguirlo sempre, o fare di tutto per spegnerlo. Torneremo su questo punto più avanti. La presenza delle frecce come elemento comune alle tre divinità rimanda a un concetto che riveste di nuova luce il sentimento amoroso: l'amore come attraversamento. Affinché la coppia non si riduca all'accoppiamento, è necessario comprendere che il sentimento amoroso «passa attraverso» l'amato e lo attraversa, lo supera. Nell'ambito dell'erotismo mistico l'amore consiste nell'oltrepassare continuamente il partner, evitando così il vicolo cieco di un amore che faccia del proprio compagno un fine. Anziché amare il partner, amare attraverso il partner implica scagliare la freccia verso l'alto, in verticale. Questo passaggio va compreso pienamente: se la coppia di amanti è frutto di un'attrazione «magnetica», il collante tra i due rischia di essere l'aspetto più basso della forza di eros, quello in cui si «tende» all'altro e lo si desidera più di ogni altra cosa, in modo esclusivo e totale, per farne un fine, uno scopo. Realizzato il desiderio di unione, si aprono gli scenari che possono ricadere sotto la «normalizzazione» della relazione di coppia. Il desiderio è una forza che non conosce mai fine, non si limita a godere della conquista di ciò che ha realizzato, perchè la natura del desiderio non è avere «questo» o «quell'oggetto», è il movimento, la continua tensione, il desiderare stesso. Ecco il motivo per cui Buddha si concentrò sull'estinzione di quel desiderare che, sapientemente, egli chiamava «sete». Non si può bere e pensare di aver spento la sete per sempre. Non si può realizzare un desiderio e credere di non desiderare null'altro. La lotta al desiderare, oltre a essere una guerra a coefficiente di difficoltà altissimo, se non impossibile per l'occidentale dei nostri tempi, rischia di snaturare l'uomo. Nessuno può mai avere come fine un'altra persona che non sia se stesso. Se l'amante diventa il proprio unico fine, ecco che l'amore entra in un vicolo cieco, ed è destinato ad appassire nel tempo o a creare forme di dipendenza inutili o addirittura dannose per il proprio progresso interiore. In effetti non si ama «questa» o «quella» persona. Ogni partner è una porta. Questa è l'ETICA CAPOVOLTA la natura dell'amore non può andare a braccetto con la restrizione. L'amore è il motore del divenire; libertà e cambiamento sono i suoi sintomi più originari. Un amore che si opponga al superamento di una condizione o che si presti a imporre o sopportare qualche forma di restrizione, non è amore, non l'amore di cui stiamo parlando. Q uando tra due amanti passa l'idea che l'amore trascini con sé una serie di compromessi, si costringe il sentimento amoroso e lo si relega a una sorta di contrattazione, che ne rinnega la natura originaria. Questo accade quando si confonde l'amore con le esigenze del rapporto di coppia. L'amore mistico è l'icona dell'eccezionalità, rifugge la solidificazione. E' il rincorrersi di due spiriti che ricreano e dissolvono la coppia a ogni incontro, come l'apertura e la chiusura di un tempio inaugura e conclude il rituale. Si tratti l'amor di coppia come la nascita di un universo, un evento di portata unica, che si illumina scansando la regolarità e l'abitudine. Continuare a ogni incontro a ricreare la loro prima volta come fosse sempre l'unica volta, ecco il compito degli amanti. La maggior parte delle persone chiama «amore» una forma di morboso attaccamento che rappresenta solo il lato più basso del sentimento amoroso. Uno colma il vuoto dell'altro. Ci si espone così al supremo inganno: credere di trovare nell'altro ciò che in realtà non si è in grado di trovare in se stessi. L'altro è la porta, la soglia da attraversare per sfiorare il contatto con l'assoluto, e continuare l'inseguimento. L'amore è il volo della freccia, breve e perciò di ineguagliabile bellezza. Il bersaglio è si il movente del suo volo, ma è anche la sua fine. Quando si fa dell'altro un obiettivo, la freccia di Eros ravviva la tensione della corda del desiderio, ma nel possedere l'altro come l'oggetto del suo scopo, la freccia si ferma e l'amore recede, per lasciare spazio all'attaccamento e all'identificazione. Così, quando l'abitudine avrà cancellato gli ultimi resti della passione che fu all'inizio, la coppia sopravviverà sospesa tra ricordi e progetti, vincolata da ciò che i due partner hanno costruito. L'intensità del sentimento iniziale potrebbe benissimo lasciare tracce così profonde, indelebili, da renderli favorevoli a sopportarsi a oltranza. La paura di cambiare si traveste da volontà di mantenere l'impegno assunto; così l'amore, affievolito, subisce l'accanimento terapeutico di chi non osa porre fine al rapporto, per comodità, convenienza timore o per abitudine, e si converte in tutt'altro. La coerenza talvolta è la maschera che cela il timore per il cambiamento. L'amore disimpegna, se diviene impegno scivola in un altro terreno, che non è il piano del volo della freccia. L'amore che scioglie e libera è preferibile all'amore che costruisce e lega, nell'ambito di cui ci occupiamo, perché la sua potenza si rivela come liberatrice solo nella resa e nell'abbandono, non nel vincolo e nel condizionamento. La promessa dell'amore eterno è una pietra scagliata nel cuore degli amanti: l'ingombro di un peso e di un restringimento, anziché di un alleggerimento e di un'apertura. Nessuna eternità è concessa agli amanti, eccetto l'istante. Di eterno, l'amore ha il continuo movimento, non la stasi. L'estasi nega la stasi. L'unica fonte di stabilità, in amore come nella vita, è il cambiamento. Fare del divenire la sola costante, per predisporsi all'evoluzione. Se non promuove il cambiamento, l'amore si converte in una limitazione della libertà, una catena ben nascosta dall'affetto, dalla tenerezza, forse dalla convenienza. Il solo vincolo tra amanti è l'amore stesso, e non la promessa della sua durata. L'eternità è contraddetta e proibita dall'estasi. L'amore mistico è un divieto assoluto di sosta. «Tante brevi follie», così Nietzsche, in Così parlò Zarathustra, definiva l'amore, proprio quel tipo di amore che è oggetto di questa trattazione. Lo scopo del sé, in amore, è il darsi senza pretendere nulla in cambio. Non il dare per ricevere. Nessuno spazio è concessoal do ut des, che pare una versione aziendale dell'amore. La chiave è la completa resa dell'amato. Ciò rivela la natura dell'amore come libertà, perché la resa è un lasciar andare, un aprire il pugno, un con-cedere. In questo senso l'atto d'amore è un'eiaculazione del proprio sé o delle emozioni con cui si desidera impregnare il cosmo. La pretesa di dare per avere introduce l'ombra dell'egoismo in amore, il che è una maledizione; la pretesa del possesso diventa ossessione, l'estensione della proprietà sul corpo, la mente o l'anima altrui è una degenerazione, una depravazione che conduce al dolore e alla rovina. L'amore si converte in odio quando cede il passo a simili storture. Dove vi sia possesso, non vi è elevazione interiore. In realtà non possediamo neppure il nostro corpo fino in fondo (che si può ammalare, che muore), come si può quindi pensare di possedere un corpo altrui? Mascherando le paure e le lacune interiori dietro gelosia, possessività, attaccamento, dipendenza, si rende visibile il solo lato manchevole dell'amore, che lo soppianta con la restrizione.
Dal libro - Erotismo e Spiritualità - Claudio Marucchi