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martedì 16 ottobre 2012

SIMBOLI ETERNI


da L'uomo e i suoi simboli - di C. Jung


L'antica storia dell'uomo viene significativamente riscoperta ai nostri giorni attraverso le immagini simboliche ed i miti che sono sopravvissuti all'uomo dell'antichità. Via via che gli archeologi scavano profondamente nelle viscere del passato, non sono gli eventi del tempo storico ciò di cui impariamo a far tesoro, bensì le statue, i disegni, i templi e le lingue che ci comunicano le antiche credenze. Altri simboli ci sono rivelati dai filologi e dagli storici delle religioni, che sanno tradurre queste credenze in concetti moderni e intelligibili. Questi, a loro volta, prendono vita attraverso gli studi degli antropologi culturali che dimostrano come gli stessi modelli simbolici siano reperibili nei rituali i nei miti di piccole società tribali tuttora esistenti ai margini della civiltà, senza aver conosciuto alcun mutamento nei secoli. Tutte queste ricerche hanno contribuito a correggere sensibilmente l'atteggiamento unilaterale di quei moderni secondo i quali questi simboli apparterrebbero solo ai popoli dell'antichità o alle moderne tribù «arretrate» e che quindi non presenterebbero alcun interesse di fronte alle complessità della vita del nostro tempo. Avviene così che a Londra o a New York ci si rifiuti di prendere in considerazione i riti di fertilità dell'uomo neolitico, spacciandoli per arcaiche superstizioni. Se qualcuno sostiene di avere avuto una visione o di avere udito voci, egli non viene trattato come un santo o come un oracolo. Ci si limita a dire che è malato di mente. Leggiamo i miti degli antichi greci o le storie popolari degli indiani d'America, ma non riusciamo a scorgere alcuna connessione fra essi e i nostri atteggiamenti verso gli «eroi» o gli avvenimenti drammatici del nostro tempo. Eppure le connessioni ci sono e i simboli che le rappresentano non hanno perso la loro importanza per il genere umano. Uno dei maggiori contributi contemporanei alla comprensione ed alla rivalutazione di questi simboli eterni è stato fornito dalla scuola di psicologia analitica fondata dal dottor Jung. Essa ha contribuito ad eliminare l'arbitraria distinzione fra uomo primitivo, al quale i simboli appaiono come un ingrediente naturale della vita di tutti i giorni, e l'uomo moderno per il quale essi sono senz'altro privi di ogni significato e interesse. Come il dottor Jung ha messo in evidenza, la mente dell'uomo possiede una sua storia particolare e la psiche conserva molte tracce residue degli stadi anteriori del suo sviluppo. In più, i contenuti dell'inconscio esercitano una influenza formativa sulla psiche. Consciamente noi possiamo anche ignorarli, ma inconsciamente rispondiamo ad essi ed alle forme simboliche - ivi compresi i sogni - attraverso le quali si vengono esprimendo. All'individuo può sembrare che i sogni siano spontanei e privi di qualunque connessione. Ma in un lungo arco di tempo l'analista arriva ad osservare tutta una serie di immagini oniriche ed a notare che esse presentano una struttura significativa: se il paziente riesce a comprenderla egli potrà eventualmente acquistare un nuovo atteggiamento verso la vita. Alcuni simboli di questi sogni derivano da ciò che il dottor Jung ha definito «l'inconscio collettivo» - cioè quella parte della psiche che trattiene e trasmette l'eredità psicologica comune all'intero genere umano. Questi simboli sono così antichi e poco familiari all'uomo moderno che egli non riesce a comprenderli direttamente o ad assimilarli. E' in questo senso che può essere utile l'analista. Il paziente deve essere possibilmente liberato dall'ingombro dei simboli che siano diventati decrepiti e inadeguati, oppure deve essere assistito a scoprire il persistente valore di qualche antico simbolo che, lungi dall'essersi esaurito, anela ad essere fatto rivivere in forma moderna. Prima che l'analista possa accingersi ad esplorare efficacemente il significato dei simboli di un paziente, è necessario che acquisti personalmente una più larga conoscenza delle loro origini e del loro significato. Infatti le analogie fra i miti antichi e le storie che appaiono nei sogni dei pazienti del nostro tempo non sono né banali né accidentali. Esse sono reali poiché la mente inconscia dell'uomo moderno conserva tuttora quella capacità simboleggiatrice che un tempo trovava espressione nelle credenze e nei rituali primitivi; e tale capacità svolge ancora un ruolo di vitale importanza psichica. Noi dipendiamo più di quanto non si pensi comunemente dai messaggi trasportati da questi simboli, e sia i nostri atteggiamenti che il nostro comportamento ne sono profondamente influenzati. In tempo di guerra, per esempio, si registra un accresciuto interesse per le opere di Omero, Shakespeare o di Tolstoi e siamo portati a leggere con occhi diversi quei passi che assegnano alla guerra il suo significato perenne (o «archetipico»). Essi evocano in noi una risposta molto più profonda di quella che può essere eventualmente suscitata in qualcuno che non abbia mai vissuto l'intensa esperienza emotiva della guerra. Le battaglie combattute nella pianura di Troia non hanno, in sé, niente a che fare con quelle di Agincourt o di Borodino, ma i grandi scrittori sono capaci di trascendere le differenze di spazio e tempo e di esprimersi in temi universali. Noi rispondiamo proprio perché questi temi sono fondamentalmente simbolici. Un esempio ancor più significativo deve essere familiare ad ognuno che sia stato educato in una società di tipo cristiano. 


A Natale noi possiamo esprimere il nostro sentimento interiore per la nascita mitologica di un fanciullo semidivino anche se non crediamo nella dottrina della verginità della madre di Cristo o non possediamo alcuna fede religiosa cosciente. Senza saperlo, ci siamo imbattuti nel simbolismo della rinascita. Si tratta della sopravvivenza di un'antichissima festa solstiziale, recante la speranza che le terre intristite dall'inverno dell'emisfero settentrionale tornino a rinnovarsi. Così il nostro gusto sofisticato trova soddisfazione in questa festa simbolica, allo stesso modo per Pasqua ci uniamo ai nostri figli nel festoso rituale delle uova e dei conigli pasquali. Ma ci rendiamo veramente conto di ciò che facciamo, e siamo consapevoli della connessione fra la storia della nascita, morte e resurrezione di Cristo e il popolare simbolismo pasquale? Di solito non ci diamo neppure la preoccupazione di considerare da un punto di vista razionale tutte queste usanze. Eppure esse sono reciprocamente complementari. La crocifissione di Cristo nel venerdì santo sembra appartenere a prima vista al medesimo tipo di simbolismo della fertilità che ci è dato rinvenire nei rituali di altri «salvatori» come Osiride, Tammuz, Orfeo e Balder. Anch'essi erano tutti di nascita divina o semidivina, vissero un'esistenza singolare, furono uccisi e quindi rinacquero. Essi appartengono, di fatto, a religioni di tipo ciclico nelle quali la morte e la rinascita del re-dio costituiscono un mito eternamente ricorrente. Tuttavia la resurrezione di Cristo nel sabato santo è molto meno soddisfacente, da un punto di vista rituale, di quanto non lo sia invece il simbolismo delle religioni cicliche. Infatti Cristo ascende alla destra di Dio Padre: la sua resurrezione avviene una volta per tutte. E' questa finalità del concetto cristiano di resurrezione (l'idea cristiana di Giudizio finale presenta un tema «chiuso» simile a questo) a distinguere il cristianesimo dagli altri miti fondati sulla figura del re-dio. Il rituale si limita a commemorare ciò che è avvenuto una volta sola. Tuttavia questo senso finalistico rappresenta probabilmente la ragione per la quale i primi cristiani, tuttora sensibili alle influenze delle tradizioni pre-cristiane, pensavano che il cristianesimo dovesse essere completato con l'aggiunta di alcuni elementi di un più antico rituale della fertilità. Essi sentivano il bisogno della ricorrente promessa della rinascita: in ciò consiste appunto il significato della simbologia pasquale dell'uovo e del coniglio. Sono ricorso a due esempi completamente diversi per mostrare come l'uomo moderno continui a rispondere a profonde influenze psichiche che tuttavia egli, consciamente, rifiuta di prendere in considerazione come se si trattasse di poco più che di storie ingenue di popoli superstiziosi e incivili. Ma è necessario spingere ancora più a fondo le nostre osservazioni. Quanto più da vicino si analizzano la storia del simbolismo e il ruolo che i simboli hanno avuto nella vita di numerose differenti culture, tanto più ci si rende conto che in questi simboli è implicito anche un significato ricreativo. Alcuni simboli si riferiscono all'infanzia e al passaggio all'adolescenza, altri alla maturità, altri ancora all'esperienza della vecchiaia, quando l'uomo si viene preparando all'inevitabilità della morte. Il dottor Jung ha descritto il modo in cui i sogni di una bambina di otto anni contenevano già quei simboli che normalmente si è soliti associare alla vecchiaia. I sogni della bambina presentavano aspetti di iniziazione alla vita di un tale carattere che sembravano appartenere alla medesima struttura archetipica dell'iniziazione alla morte. E' evidente perciò che questa progressione di idee simboliche può manifestarsi nell'ambito della mente conscia dell'uomo moderno nello stesso modo in cui essa era solita esprimersi nei rituali delle antiche società. Questa connessione cruciale fra i miti arcaici o primitivi ed i simboli prodotti dall'inconscio è di immensa importanza pratica per l'analista. Essa gli consente di identificare e di interpretare questi simboli in un contesto che conferisce loro prospettiva storica non meno che significato psicologico. 

Joseph L. Henderson

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